lunedì 7 novembre 2011

Resoconto del 1° Seminario di lavoro del «Gruppo promotore»

1. Obiettivi dell’incontro

L’obiettivo dell’incontro del 29 ottobre é stato quello di esaminare e condividere le motivazioni che ci hanno spinto a lanciare l’iniziativa «Dichiariamo illegale la povertà» e, quindi,
a) identificare le ragioni strutturali che hanno condotto le nostre società a “vivere” ancora oggi con dei miliardi di esseri umani in stato di “povertà” (assoluta, estrema, relativa,di genere, economica, culturale, sociale, come esclusione, come miseria…..), e capire le ragioni del reale fallimento delle strategie/politiche e programmi di lotta contro la povertà (eliminazione, sradicamento, riduzione) di questi ultimi 40 anni;
b) ed, in secondo luogo selezionare i punti chiave strategici sui quali costruire le linee di forza dell’alternativa (l’illegalità della povertà e non dei poveri).

L’incontro é stato strutturato in due parti: il mattino é stato dedicato al punto a). Il pomeriggio all’esame del punto b).
Era stato convenuto che l’esame e la condivisione dei contenuti precisi dell’iniziativa “Dichiariamo illegale la povertà” cosi come della sua ingegneria operativa avrebbero fatto l’oggetto della seconda riunione del gruppo promotore fissata per il 3 dicembre 2011. Trentadue persone erano presenti (laici, missionari, giornalisti, cittadini, docenti universitari, operatori sociali e dell’economia solidale….). Altre otto persone hanno espresso la loro adesione a far parte del gruppo promotore ma per diverse ragioni non hanno potuto partecipare all’incontro.

2. Risultati dell’incontro 

2.1.Due osservazioni generali
L’accordo é stato unanime sulla convinzione che la lotta contro la povertà deve essere condotta sulle cause strutturali e che il fallimento delle politiche é dovuto precisamente al fatto che esse non hanno voluto attaccare le cause, dimostrando cosi nelle nostre società l’assenza di reale volontà di lottare effettivamente contro la povertà. Segnaliamo, tuttavia, che due-tre partecipanti hanno sottolineato che preferiscono parlare di lotta contro la miseria e che a loro avviso quel che sarebbe prioritario é di ridare dignità ai poveri ed alla povertà. Ancor più unanime é stato il convincimento che «dichiarare illegale la povertà» significa soprattutto mettere al bando i fattori che generano ed alimentano i processi d’impoverimento e di arricchimento inuguale e che, quindi, lottare contro la povertà significa lottare contro la ricchezza inuguale ed escludente.
2.2 Identificazione delle cause strutturali del fallimento delle politiche contro la povertà
Sono state menzionate le cause seguenti: l ’enfasi parossistica messa sulla priorità data alla crescita della ricchezza soprattutto individuale (a scapito della ricchezza collettiva) in termini di beni e di servizi «consumabili». Da qui, una cultura collettiva che ha interiorizzato la crescita economica - assimilata a « sviluppo » ed a « progresso umano e sociale -come il principio/finalità primario della creatività individuale e collettiva ; l’adesione quasi universale, ad opera delle classi dirigenti di quasi tutti i paesi del mondo, al modello di crescita economica fondata sui principi dell’economia capitalista di mercato (adesione all’idea che non v’é soluzione alternativa « realista » al capitalismo ed al mercato). Da qui, la sottomissione al predominio degli imperativi commerciali e della competitività globale di tutti contro tutti per la sopravvivenza dei più forti. Aver dato la priorità alla competitività globale mondiale si é tradotto inevitabilmente in una reale e concreta marginalizzazione degli obiettivi della lotta contro la povertà/l’impoverimento. l’accettazione da parte delle classi dirigenti della mercificazione di qualsiasi forma di vita ( e, di recente, di monetizzazione della natura), dei meccanismi di privatizzazione, di liberalizzazione e di deregolamentazione. Lo smantellamento del sistema del welfare e la privatizzazione e mercificazione dei beni comuni essenziali ed insostituibili alla vita ed al vivere insieme hanno riintrodotto i meccanismi di creazione delle inuguaglianza strutturali tra i cittadini riguardo ai diritti umani e sociali; la sottomissione volontaria da parte dei poteri pubblici, gli Stati, al potere dei soggetti privati finanziari, industriali, commerciali in un contesto di crescente finanziarizzazione (a partire dagli anni ’70) dell’economia e della società; le classi dirigenti – e con esse, le popolazioni – hanno agito come se non avessero imparato alcunché dalle esperienze e dall’evidenza. Questo si applica nuovamente in maniera eclatante alla situazione attuale; lo stesso « nuovo » paradigma dello sviluppo sostenibile é stato utilizzato sempre di più come strumento di rinnovo/rilancio della crescita economica mondiale e della competitività globale, come ben testimoniato dal linguaggio che parla di « green economy » e di « green capitalism ». Lo «sviluppo sostenibile » non é diventato un’occasione storica positiva di modificazione strutturale dei principi e dei meccanismi di funzionamento del sistema che é stato ed é all’origine della « crescita » di un sistema di ricchezza inuguale, escludente e predatorio.
2.3. Identificazione dei punti chiave strategici sui quali costruire le linee di forza dell’alternativa (l’illegalità della povertà)
Fra le varie azioni da cui partire, riferimento esplicito é stato fatto a: la de-costruzione del linguaggio dei gruppi dominanti (dei concetti di base, delle parole chiave, delle narrazioni mistificatrici, delle false « verità »…. ; il ruolo centrale del lavoro per la costruzione di una società senza impoverimento ; lo sviluppo/promozione di imprese e cooperative sociali alla base di un nuovo sistema di ricchezza collettiva ; l’essenzialità di una economia e di una politica ei beni comuni publici, a partire dalla terra e dall’acqua…, fondate sulla sobrietà, l’universalità della disponibilità e dell’accesso, la responsabilità e la sicurezza condivise e partecipate ; l’importanza di una nuova fiscalità ; la redefinizione del sistema monetario e del sistema finanziario (dal livello locale al livello mondiale) con la messa al bando di istituzioni quali la Banca Mondiale ed il Fondo monetario Internazionale attuali e di meccanismi quali l’indipendenza politica delle banche centrali tipo la BCE gli elementi critici insiti nell’attuale sistema commerciale del libero scambio il valore strumentale centrale dell’informazione, comunicazione e dei nuovi media
2.4. Alcune decisioni operative
E’ stato deciso di sottomettere all’esame e condivisione del “gruppo promotore” alla riunione del 3 dicembre 2011 tre (brevi) documenti la cui redazione é stata affidata a tre gruppi di lavoro (composizione da definire nei prossimi giorni) :
Gruppo 1. Documento detto « Le fabbriche dei predatori » il cui compito sarà di sintetizzare in maniera coerente le principali cause del fallimento delle politiche, strategie e campagne di lotta contro la povertà
Gruppo 2 Documento detto « Le fabbriche di un divenire inaccettabile » il cui compito sarà di riassumere le principali politiche proposte per i prossimi anni da parte dei gruppi oggi al potere
Gruppo 3 Nota di riflessione sull’ingegneria operativa dell’iniziativa, in particolare esame dei paesi nei quali realizzare la dimostrazione della fattibilità della "dichiarazione dell’illegalità della povertà"

Nessun commento:

Posta un commento