La povertà e la disuguaglianza in ambito internazionale: i tranelli della politica internazionale - Francine Mestrum
Sono trascorsi oltre vent’anni da quando la Banca Mondiale iscrisse l’eradicazione della povertà ai primi posti dell’agenda politica internazionale. All’epoca molte persone, fra cui io stessa, furono molto sorprese e allo stesso tempo molto liete di costatare che le tanto vilipese istituzioni di Bretton Woods avessero finalmente sviluppato una coscienza sociale. Perché, negli anni ’80 vennero introdotti i ‘programmi di aggiustamento strutturale’ in tutti i paesi del Terzo Mondo alle prese con un debito estero troppo elevato e questa situazione aveva causato una vera e propria “strage sociale”: licenziamenti di massa, tagli ai servizi sociali quali il sistema sanitario e l’istruzione, abolizione dei sussidi agricoli, privatizzazione delle imprese statali, libera circolazione di beni e capitali… In America Latina, in Africa e in Asia le conseguenze furono: disoccupazione, crescita selvaggia del sommerso, afflusso massiccio di donne sul mercato del lavoro, e chiusura delle imprese che non erano in grado di far fronte alla concorrenza estera senza protezione.
L’Unicef é stata la prima istituzione internazionale a denunciare le gravi conseguenze di questa politica. Nella sua relazione sullo sviluppo mondiale del 1990, la Banca Mondiale propose di iscrivere la lotta alla povertà tra le azioni prioritarie. Si osservava che lo « sviluppo » era indubbiamente stato un grande successo negli ultimi 30 anni – in termini di crescita e di indicatori sociali, quali la speranza di vita, la mortalità infantile e l’alfabetizzazione - ma che in futuro la politica avrebbe dovuto subire un drastico cambiamento di rotta. Davvero curioso che una politica che secondo l’Istituzione era stata un successo dovesse essere comunque cambiata! Per quanto riguarda l’aggiustamento strutturale, la Banca Mondiale affermava che esistevano «divergenze di opinione» sulle loro conseguenze. In ogni caso, dopo la Guerra Fredda era opinione diffusa nel mondo che la povertà sarebbe scomparsa in breve tempo. Nel 1995 le Nazioni Unite organizzarono il primo Vertice mondiale ONU sullo sviluppo sociale a Copenaghen. Il programma di azione adottato all’unanimità comprendeva tre capitoli: lotta alla povertà, occupazione e integrazione sociale. Ma nel 1996 l’OCSE – che coordina la cooperazione allo sviluppo dei paesi ricchi – elaborò un nuovo programma per il 21° secolo, in cui proponeva sette « obiettivi internazionali di sviluppo », molto meno ambiziosi di quelli decisi al vertice di Copenaghen. Nel 1999 l’FMI – il Fondo Monetario Internazionale – preparò un nuovo programma, che prevedeva una ridistribuzione dei compiti tra la Banca Mondiale e l'FMI. Il programma di crediti per un "aggiustamento strutturale rafforzato" fu sostituito dallo "Strumento per la crescita e la lotta contro la povertà". Da quel momento in poi i paesi poveri avrebbero assunto la responsabilità dei propri programmi di lotta alla povertà, che avrebbero redatto con la partecipazione dei donatori, delle amministrazioni pubbliche e delle organizzazioni della società civile, e avrebbero presentato alle istituzioni di Bretton Woods un 'PRSP' (“Poverty Reduction Strategy Paper”) che, se approvato, avrebbe permesso loro di accedere a prestiti agevolati e ad un condono parziale. Infine, nel 2000, in occasione del Vertice del Millennio delle Nazioni Unite, venne approvata una Dichiarazione interessante, dalla quale vennero successivamente estrapolati 8 "obiettivi del Millennio", ispirati all'esempio dell'OCSE. Nel documento si affermava che entro il 2015 la povertà estrema nei paesi in via di sviluppo sarebbe stata dimezzata rispetto al 1990. Quindi, nell'ultimo decennio del secolo scorso pareva che l’interesse mondiale per le questioni sociali fosse davvero aumentato. Le istituzioni più grandi e più importanti, G8 incluso, si interessavano ai poveri. Dal 1990 in poi le attività di ricerca nei servizi competenti presso le istituzioni e nelle università si intensificarono. Si provò a definire il concetto di 'povertà', si studiarono le varie possibilità di misurare la povertà e si pubblicarono numerose statistiche. Si può dire che nel 2000, quando la Banca Mondiale pubblicò il suo secondo grande rapporto sulla povertà, contenente nuove idee e nuove cifre, il 'discorso della povertà' – l'ideologia della povertà nel senso di Michel Foucault, con ciò che si può e che non si può dire – acquistò una forma più concreta.
Global Social Justice network Nota di lavoro per la prima riunione del Gruppo “Dichiarare illegale la povertà” Sezano(Verona) 29 ottobre 2011
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